Partita come Utopia…. è atterrata l’astronave sulla collina.
Con il suo carico di gente, i suoi sogni e illusioni, la felicità della conquista di una casa, le lotte e la rabbia delle occupazioni. Con lo spaesamento e la solitudine nell’alveare, la crescita delle famiglie, la poesia della nascita dei figli, le nuove amicizie e le difficoltà della convivenza.
Corviale è veramente un inferno lungo un kilometro? O invece i suoi trenta anni di storia e le vite di coloro cui sono state assegnate quelle case popolari, ne giustificano l’esistenza e permettono di considerarlo come una parte di società, una parte della città?
E’ un’astronave l’esterno che si vede da fuori: un enorme monolite incombente su una collina, staccato ed estraneo alla città che lo sta lambendo. La sua immagine è sfocata e grigia perché chi ne è fuori non lo conosce, lo guarda da lontano ed evita di entrarci in contatto.
Un esterno in cui stanno nascendo però nuovi germi di socialità e di cultura.
E’ un interno piacevolmente curato da ogni inquilino man a mano che ci si avvicina alle abitazioni. Le case al loro interno ristrutturate, spesso accolgono anche le seconde o terze generazioni. Le inferiate sulle porte, a proteggere le proprie cose.
Corviale vive nella storia delle persone che ci abitano oggi e che ci sono passate negli anni, giovani, adulti e anziani; nelle famiglie che vi hanno trovato solidarietà e appoggi reciproci per superare le difficoltà e quelle che ne hanno vissuto l’alienazione e la solitudine.